L’inclusione lavorativa in tempi di Covid-19

Negli anni, in materia di disabilità intellettiva e mercato del lavoro, si sono susseguiti una serie di interventi legislativi, volti a permettere ai datori di lavoro di contemperare le esigenze economico-organizzative aziendali con quelle dei lavoratori con disabilità, al fine di garantire misure e accorgimenti necessari per permettere, a tali soggetti, di poter svolgere la prestazione lavorativa senza alcuna discriminazione e nella piena libertà. Infatti, il lavoro offre autonomia economica ed è un potente strumento identitario e di socializzazione al fine di poter esprimere al meglio le proprie potenzialità.

La storia della Legge italiana sul diritto al lavoro delle persone con disabilità intellettiva

In Italia, la Legge 68/1999 sancisce il diritto al lavoro delle persone con disabilità prevedendo alcuni incentivi per le aziende che assumono personale con disabilità di varia natura. Tali agevolazioni sono state rafforzate nel 2015 dal Decreto Legislativo n.151, che attribuisce un incentivo che arriva al 70% della retribuzione mensile lorda nel caso di assunzione di persone con più del 79% di invalidità. Il contributo copre un lasso di tempo di 36 mesi che salgono a 60 nel caso di persone con disabilità intellettiva o psichica, cioè quelle maggiormente escluse dal mondo del lavoro.

A fronte di questo ambizioso impegno, tuttavia, la copertura finanziaria italiana è sempre stata assai limitata, per questo, nel 2016, sono stati accreditati al Fondo ben 20 milioni di euro. Inoltre, nell’ultima Legge di Stabilità, il Parlamento ha aumentato la cifra a 30 milioni di euro integrati dalle somme versate dai datori di lavoro che hanno ottenuto gli esoneri dall’obbligo di assunzione. Purtroppo, però, a gennaio 2019, l’INPS ha comunicato che le risorse risultano esaurite e che nessuna nuova assunzione avrebbe potuto fruire di quelle agevolazioni confermando, tutt’oggi, la criticità del rapporto che sussiste tra le persone con disabilità intellettiva e mondo del lavoro.

Smart Working per persone con disabilità intellettiva

Lo smart working ha assunto grande importanza durante l’emergenza sanitaria causata da Covid-19 rappresentando l’unico strumento di tutela per la salute di tutti i lavoratori, con e senza disabilità, capace di preservare la loro integrità psico-fisica. Per questo motivo, la Legge n. 27 del 24.4.2020, di conversione del c.d. Decreto Cura Italia, ha esteso la portata della disposizione sul diritto al lavoro agile “fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19”. Tale diritto viene riconosciuto in favore dei lavoratori con disabilità, nelle condizioni di cui all’art. 3 comma 3 della legge 104/90, e di coloro che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità in condizioni di gravità ai sensi della medesima legge. Ciò conviene, quindi, che i lavoratori con disabilità abbiano diritto a svolgere la prestazione lavorativa in smart working, ovviamente se tale modalità risulti compatibile con le caratteristiche della prestazione richiesta, cosicché da garantire il diritto al lavoro e alla salute previsto dall’ordinamento nazionale ed europeo. Inoltre, questi ultimi prevedono che il datore di lavoro attui ogni possibile adattamento all’interno della propria organizzazione al fine di tutelare il lavoratore con disabilità.

I limiti del modello italiano di inclusione lavorativa in tempi di emergenza da Covid-19

La pandemia, dovuta dall’emergenza da Covis-19, ha portato alla luce i limiti del modello italiano di inclusione lavorativa. Infatti, secondo il report di JobLab, presentato in occasione del Digital Talk 2020, il 32% dei lavoratori con disabilità ha sospeso la propria attività professionale durante il lockdown anche nel caso in cui l'azienda aveva attivato lo smart working.
Il forte impatto dell’emergenza sanitaria nel mondo dell’inclusione lavorativa, inoltre, è confermato anche dall’Istant Report, realizzato dalla Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap in collaborazione con l’IREF. Invero, da tale indagine ne è emerso che solo il 34,3% dei lavoratori con disabilità ha avuto accesso allo smart working, mentre più di un quinto degli intervistati ha continuato a lavorare in presenza. Inoltre, va evidenziato che la scelta del lavoro agile ha prevalso in settori economici specifici come i servizi (quasi 36%) e nel comparto pubblico (istruzione, sanità e pubblica amministrazione – 38%), settore nel quale opera buona parte degli occupati con disabilità intervistati per il report.

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Da oltre 60 anni ANFFAS rappresenta una delle maggiori associazioni a tutela delle persone con disabilità ed è presente capillarmente su tutto il territorio nazionale e precisamente in 17 regioni ed oltre 80 province, attraverso le proprie strutture territoriali (165 Associazioni locali socie, 16 Organismi regionali, 50 Enti a marchio Anffas Onlus)

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